All’inizio è stato il suo formaggio di mandorle, poi ci ha conquistato tutto di lui.
Lui è Nico Salguero, chef, fermentatore d’avanguardia e attivista politico argentino. Molto difficile che non piaccia ciò che fa, altrettanto difficile non essere d’accordo con ciò che dice.
Sulle doti di fermentatore di Nico non ci sono dubbi. Passione, dedizione e tanta voglia di percorrere strade nuove con un incomparabile bagaglio di esperienza e saperi tradizionali.
Potete andare a vedere la sua pagina fb per farvi un’idea. Oppure, se vi capitasse di fare quattro chiacchiere con Sandor Katz, chiedete a lui che l’ha incontrato lo scorso novembre a Buenos Aires ed è rimasto letteralmente incantato dai suoi formaggi fermentati vegani.
Ma Nico non è solamente un maestro della fermentazione. Con i cibi fermentati (e in verità con tutto il suo lavoro in cucina) Nico si oppone ad un sistema alimentare che, mentre prova a convincerci che tutto quello che fa è a nostro vantaggio, distrugge immani risorse naturali e la salute di milioni e milioni di persone. Un sistema che ci sta rendendo praticamente incapaci di preparare e riconoscere un pasto vero, e quindi ancora più passivi e “drogati” da una manciata di sapori artificiali, sapientemente messi a punto per creare dipendenza.
Come noi, Nico è convinto che un cambiamento non solo è necessario e urgente ma è anche possibile. Anche grazie alle tecniche di fermentazione che lui sta facendo conoscere in giro per tutta l’Argentina e, chissà, forse un giorno anche qui in Italia.
Nico, come hai cominciato a fermentare?
Nico: “Quando torno indietro nel tempo per rintracciare quando e perché ho cominciato a fare fermentazioni, mi rendo conto che tutto questo processo magico e meraviglioso ha avuto inizio molto prima di quanto pensassi. Infatti fermentavo già prima di rendermi conto di ciò che stavo facendo. Credo che questo fatto non sia una cosa strana, anzi sono convinto che succeda quasi a tutti quando si va alla ricerca del nostro passato di fermentatori.
In realtà, quando fermentiamo non impariamo a fare nulla di nuovo, stiamo solo ricordando qualcosa che è in noi, è qualcosa che fa parte del nostro sapere ancestrale, è nel DNA di ciascuno di noi.”
Ma se ci è così familiare, perché le persone non sanno più cos’è la fermentazione?
Nico: “Eh, già, come è potuta avvenire una tale “dimenticanza di massa”? Me lo chiedo spesso e credo che la risposta sia che ad un certo punto ci siamo convinti che smettendo di praticare queste tecniche di fermentazione (e la cucina in generale) avremmo avuto più tempo per noi stessi. Non ci siamo resi conto che l’unica cosa che stavamo facendo era lasciare un potere enorme nelle mani di un’industria che ci rende ogni giorno più malati.
Il sistema alimentare industriale, se continuerà a seguire l’attuale modello di produzione, sarà corresponsabile dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento delle acque e della crisi del sistema sanitario.
Cosa proponi?
Nico: “Oggi esiste un modo diretto per trasformare le nostre vite e cambiare il mondo: ritornare a cucinare e a fermentare nelle nostre case.
La fermentazione ci dà anche l’opportunità, molto rara nel mondo moderno, di fare direttamente qualcosa per la salute nostra e delle persone che ci circondano. Del resto, anche la ricerca medica più avanzata ci dice che dobbiamo avere cura del nostro “microbiota intestinale” se vogliamo mantenerci sani.
Allora io chiedo a tutti: Non pensate che sia arrivata l’ora di abbracciare questa forma di protesta contro un sistema che ci vende prodotti chiamati “cibo”, ma che in realtà sono tra le cose più artificiali e monotone che esistano, fatte seguendo procedure sempre uguali e che per di più contengono un’infinità di sostanze che “esaltano”, cioè più precisamente inventano i sapori?
La fermentazione è esattamente l’opposto: non ci sono ricette, non ci sono mai sapori uguali. Siamo esseri in costante cambiamento, perché ciò che mangiamo non dovrebbe essere lo stesso?”
Dacci un po’ d’ispirazione, Nico. A quali fermentazioni ti stai dedicando in questo momento?
Nico: “Attualmente mi sto dedicando all’elaborazione di diversi tipi di aceto, ottenuti da scoby, fermentazioni e gusti di diversa provenienza (kombucha, kefir, frutta selvatica).
Sono anche molto affascinato dal mondo dei formaggi crudi vegani. In questo momento è tutto ancora in fase di studio e sperimentazione, soprattutto per quanto riguarda le procedure di maturazione, stagionatura e uso di aromi.”
Qualche volta la geografia non la vede giusta. Nonostante la mappa ci informi che fra Italia e Argentina c’è di mezzo un oceano (e parecchio altro), Kefir e Nico sono davvero molto vicini.
Grazie, Nico. Il tuo impegno e la tua generosità animano la nostra speranza.
A.
P.S. Tutte le immagini ci sono state mandate da Nico. Ringraziamo lui e gli sconosciuti autori di queste belle foto che ci restituiscono appieno lo slancio e i colori della sua arte fermentatoria.