11 Giugno 2019
La parola “ricordare” ci indica che la sede della nostra memoria sta nel cuore. Infatti tutti le creature che possiedono un cuore hanno pure la memoria. Ma, e non mi ricordo chi me l’ha detto, pure tutte le componenti dell’universo la posseggono. Dai minerali alla flora, dalla fauna alle sostanze solide, liquide e pure i gas.
Ci sono i ricordi più vecchi della memoria. Nascosti. Pronti ad essere scoperti.
Il mio ricordo era nascosto nell’Amasake. Il riso fermentato con il Koji.
Il Koji è un microorganismo portatore di sapienza orientale. Senza Koji non ci sarebbe il Sake, non ci sarebbe il Miso, non ci sarebbe il Giappone e non ci sarebbe il mio ricordo.
Mi capitò da grande, in pieno possesso delle facoltà mentali e fisiche, da sveglio e lontano dal Giappone. Mi fu servita questa delizia da un’ottima donna che con il riso è in simbiosi profonda. Che sa molto sulla cucina e che sa tanto sulle fermentazioni.
Sul tavolo di legno, semplice, anch’esso pieno di ricordi, in una ciotola di ceramica fine. La meravigliosa sorpresa. E quando entrò nella mia cavità orale vidi il paradiso.
Il paradiso, il giardino dell’Eden offriva i frutti di tutte le stagioni, i cereali e i legumi, le erbe aromatiche e le piante officinali. E c’erano anche le patate.
Il riso cresceva innocente al centro del campo bagnato sulla sinistra dall’Eufrate e sulla destra dal Tigri. Il fuoco era custodito dall’Arcangelo Gabriele, non sempre amichevole, e il riso crudo non era commestibile. Il serpente, portatore sano di conoscenze primordiali e generoso alleato degli esseri umani, allora senza alcuna esperienza, ha bollito il riso. Ma siccome il fuoco doveva rimanere segreto, i primi esseri viventi rimanevano semplicemente crudisti.
Il serpente, a parte le conoscenze, aveva anche la possibilità di appropriarsi di altri segreti, perché poteva frugare negli angoli più remoti del paradiso e così trovò il Koji.
Il Koji è capace di far fermentare e scindere le parti più profonde dei cereali e dei legumi, rendendole ancora più adeguate alle nostre capacità di digerire e di nutrirci di esse.
Insomma il sapore dell’eternità. Ma come è possibile? Perché il Koji è eterno?
Il serpente fu allontanato da noi per paura che ci rivelasse altri segreti. Da nostro alleato fu fatto diventare nostro nemico, e da allora ha perso tutta la nostra fiducia. E noi la sua.
Come fare allora per conoscere altri fatti ignoti? Come poter avvicinarsi ad essi senza dover sfidare la spada infuocata che protegge la porta d’ingresso del giardino pieno di segreti da scoprire?
Il sussurro del Koji ci ha indicato la via alternativa. Ci ha suggerito di andare verso Est. Verso il Sol Levante per scoprire la differenza tra lo “spontaneo” e il “condizionato” nel mondo delle fermentazioni.
La partenza fu senza sorprese, ma dall’arrivo in Giappone in poi fu un susseguirsi di eventi straordinari. La sintesi, semplificata assai, ci porta verso l’umiltà, verso la scoperta che dobbiamo imparare tanto, quasi tutto dalle fermentazioni. Loro riescono ad esistere comunicando in un linguaggio comprensibile fra di loro: il “fermentese”, che gli permette di abolire le frontiere e le bandiere. E la loro saggezza, eterna ed universale, può essere appresa da chiunque si renda un semplice “essere”.
Arigato Koji.
T.